La vicenda che ha seguito l’acquisizione di VMware da parte del colosso Broadcom non cessa di far discutere, soprattutto in merito agli scenari di incertezza che il radicale processo di ristrutturazione in atto sta generando nella rete di partner acquisiti. Dopo la rivoluzione che ha già interessato la struttura aziendale, ora articola in quattro differenti divisioni, buona parte di quello che era canale di distribuzione di VMware fino alla fine del 2023 rischia di rimanere del tutto tagliato fuori dalle nuove strategie commerciali di Broadcom.
Nel frattempo, molti clienti, non avendo rassicurazioni in merito alla continuità delle condizioni tecnologiche ed economiche da loro acquisite, si stanno orientando verso soluzioni concorrenti. Per comprendere cosa stia realmente accadendo, cerchiamo di sintetizzare le tappe cruciali di quella che si prospetta quale la vicenda più controversa della storia del mercato della virtualizzazione.
L’acquisizione: Broadcom compra VMware
Lo scorso mese di novembre, dopo aver ottenuto il via libera dall’anti-trust cinese, Broadcom ha potuto ufficializzare l’acquisizione di VMware, dopo ben 18 mesi di valutazione da parte delle principali authority a livello interazionale.
L’iter di acquisizione è stato tortuoso, come era lecito attendersi data l’entità di una transizione senza precedenti, stimata in 61 miliardi di dollari ripartiti in contanti e azioni, oltre al rilevamento integrale di un debito da 8 miliardi. La US Federal Trade Commission ha offerto il proprio benestare dopo due cicli investigativi, così come la Commissione Europea e la brittanica UK’s Competition and Markets Authority. Sin da subito è prospettato uno scenario molto promettente per certi versi, piuttosto incerto per altri, in primo luogo i partner di canale, che durante il percorso di acquisizione si sono ritrovati in un limbo di disinformazione, con evidenti difficoltà nel dare risposte ai propri clienti, preoccupati per la continuità del servizio.
Era l’alba di un malcontento che di lì a breve si sarebbe fatto palese agli occhi del mondo IT quando, nel corso del mese di dicembre, il network americano CRN, leader nell’informazione sul canale, ha iniziato a pubblicare una serie di lamentele rilasciate da parte di numerosi partner, allibiti per il fatto che i loro referenti in VMware non sapessero ancora dare alcuna risposta di quello che sarebbe accaduto di lì a breve.
La ristrutturazione:
La prima scelta netta da parte di Broadcom ha visto l’allontamento di Raghu Raghuram dalla carica di CEO di VMware, dopo vent’anni di attività che lo hanno peraltro visto protagonista dello spin-out da Dell Technologies, avvenuto nel corso del 2021, quando aveva ereditato la guida della company da Pat Gelsinger, nel frattempo passato ad Intel.
In una lettera pubblicata su Linkedin, Raghuram ha comunicato l’intenzione di rimanere in qualità di consulente durante il periodo della transizione, facendo tuttavia intendere che per il futuro si orienterà verso altri progetti, molto probabilmente distanti dalla realtà di VMware.
Con questa mossa, Hock Tan, presidente di Broadcom, ha lasciato subito intuire come il passaggio di VMware in Broadcom non sarebbe stato all’insegna della continuità. Tutt’altro, dal momento che la company è stata prontamente divisa in quattro differenti gruppi, ognuno dotato di un general manager facente riferimento a Broadcom, senza prevedere ulteriori figure intermedie. In altri termini, quattro nuove società sotto l’unico cappello della holding.
La ristrutturazione di VMware era stata presentata da Hock Tan in questi termini:
“Broadcom vanta una forte tradizione nell’integrare e far crescere con successo le company che acquisisce. Ora che la transazione può dirsi conclusa, possiamo iniziare a correre davvero. Da ora in avanti, il business di VMware verrà organizzato per operare in qualità di divisioni di Broadcom”.
In termini di risorse umane, la holding non ha finora rilasciato numeri certi, ma è stata intrapresa una campagna di licenziamenti che dovrebbe riguardare tra le 2.000 e le 3.000 unità, su un totale di circa 39.000 dipendenti nel momento dell’acquisizione.
Il nuovo
Per quanto riguarda il canale, la nuova figura di riferimento è Ricky Cooper, che in VMware dirigeva la divisione partner e commerciale. In Broadcom, Cooper ha assunto il ruolo di VP per le vendite OEM, in qualità di supervisore dei partner program definiti dalle quattro nuove divisioni. Gli è stata affiancata Cynthia Loyd, con la responsabilità specifica del commercial partner sales.
Al di là delle nomine, i partner di VMware sono parsi sin da subito preoccupati per la mancanza di una strategia commerciale dichiarata. Un timore che si è rivelato fondato, dal momento in cui Broadcom ha annunciato la totale cessazione del precedente partner program, con la cancellazione di tutti i rapporti in atto a partire dal 4 febbraio.
Il nuovo network è totalmente ridefinito attraverso la verifica del canale di distribuzione esistente, a cui segue una serie di inviti ai player ritenuti idonei a soddisfare i nuovi requisiti tecnici e soprattutto commerciali, basati sui fatturati pregressi.
Sin dal momento dell’acquisizione, Hock Tan aveva dichiaratamente espresso la preferenza per la figura del VAR:
“Capace di creare valore presso i clienti grazie all’offerta tecnologica di VMware”, precisando inoltre come: ““VMware ha molte tipologie di partnership: vendor, global system integrator, value added reseller, managed service provider e distributori. Vediamo molte categorie e ci concentreremo nell’ottimizzare il loro valore all’interno di un ecosistema esteso”.
Broadcom non è mai entrata ufficialmente nel merito, ma le numerose indiscrezioni raccolte da CRN tramite le testimonianze dei partner VMware parlano di un requisito di ingresso non inferiore ai 500mila dollari di fatturato annui.
Una notizia di notevole impatto è arrivata lo scorso 4 gennaio, quando “con effetto immediato”, Broadcom ha annunciato che avrebbe preso in gestione diretta i cosiddetti “strategic account”, circa 2000 clienti ritenuti i più profittevoli tra i contratti attivi. Tale mossa ha di fatto estromesso i partner che curavano tali clienti dalla possibilità di continuare a farlo, dal momento che qualsiasi tentativo di deal con gli stessi strategic account verrà rifiutato a prescindere.
Dal 5 febbraio 2024, Broadcom renderà esecutivo il nuovo programma partner ad inviti, denominato Broadcom Advantage Partner Program.
Broadcom ha promesso rispetto al passato condizioni migliorative per tutti i partner che continueranno a collaborare:
“In base ai recenti colloqui con centinaia di partner a livello globale, questa transizione aiuterà i partner stessi ad ottenere fonti di profitto ancora maggiori rispetto a quelle attuali, grazie ad offerte semplificate e più opportunità di ricavi attraverso i servizi offerti ai clienti”.
Broadcom vola
Negli ultimi mesi del 2024, ancor prima che venisse ufficializzata l’acquisizione, CRN ha pubblicato numerose dichiarazioni di partner preoccupati dalle scelte di Broadcom, oltre ad una serie di stakeholder e analisti che invece invitavano a guardare alla ristrutturazione in atto in un’ottica di medio periodo.
L’acquisizione ha sicuramente portato notizie positive per gli azionisti di Broadcom, dal momento che la holding ha raggiunto, il 24 gennaio, una capitalizzazione record di 575 miliardi di dollari, con un incremento rispetto al 22 novembre, data dell’acquisizione di VMware, del 26,8%. Il valore delle singole azioni è passato da 972 dollari agli attuali 1.229,87 dollari. Al momento Broadcom precede nomi del calibro di Visa, JP Morgan e Walmart.
Se gli asset finanziari fanno segnare numeri da record per Broadcom, il mercato IT potrebbe creare invece qualche problema soprattutto in merito alla capacità di confermare i clienti di VMware ereditati al momento dell’acquisizione.
La “termination notice” inviata da Broadcom ai propri 65mila partner, tra cui solution provider, distributori, reseller e system integrator ha creato ovviamente un malcontento diffuso e nel frattempo la reazione dei competitor è apparsa sin da subito molto decisa.
L’attuale fase stallo commerciale che VMware sta oltremodo prolungando potrebbe rivelarsi una notevole opportunità per i brand rivali nell’ampliare il proprio parco partner e clienti:
“‘Ci sono molti partner VMware non rinnovati che si stanno dirigendo da noi”
ha rivelato David Gwyn, senior VP, worldwide channels and customer success, di Nutanix.
Le alternative a VMware non mancano e spesso sono i clienti stessi a chiedere ai partner di riferimento altre soluzioni, tra cui, oltre al citato Nutanix, figurano le tecnologie di virtualizzazione di Citrix, Microsoft, Scale Computing, ComputerVault, Red Hat, Oracle e molti altri.
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