Internet: strumento indispensabile per le aziende di tutto il mondo e infinita fonte di complicazioni già quando ci si limita a guardare il lato tecnico. Quando ci si somma quello legislativo, le cose rischiano di esplodere e giugno verrà ricordato come un mese tradizionalmente carico di obblighi.
I temi che arroventano l’atmosfera sono due: uno quasi inatteso, anche se annunciato, e un altro che è invece passato quasi inosservato ma che rischia di avere implicazioni davvero pesanti anche a livello sanzionatorio.
Andiamo con ordine e partiamo dal primo disastro: l’Ufficio del Garante per la Privacy ha finalmente emesso la sua sentenza sull’esposto presentato da Noyb, un gruppo specializzato nei temi di protezione della privacy, sull’uso di Google Analytics. Si sapeva che l’esito sarebbe stato infausto, in quanto sullo stesso tema si erano già pronunciati altri garanti europei, ma dalla settimana scorsa è ufficiale anche nel nostro Paese: Google Analytics compie delle operazioni che non sono compatibili con l’applicazione del GDPR.
Questa affermazione ha scatenato “il panico” tra gli addetti ai lavori perché la suite di Google è alla base delle operazioni di web marketing di una grandissima maggioranza delle aziende che ricorre al Web per migliorare le vendite, ma molti non hanno colto il sottile significato della sentenza. A essere “illegale” non è Google Analytics, ma il trasferimento su server extra EU di dati più o meno sensibili. Questo significa che anche la stragrande maggioranza delle alternative allo stesso servizio soffre delle stesse problematiche. Per di più, sembra che neanche la versione 4 della suite di Google risolva del tutto il problema del trasferimento dati e quindi la situazione sembra davvero complessa. Dove sono, quindi, le soluzioni?
Ce ne sono diverse, ma la prima che val la pena di citare è quella politica. Stati Uniti e Comunità Europea sono a conoscenza di questa inconciliabilità già da tempo e si sono ripromesse di sistemarla tramite uno strumento legale da sviluppare in tempi brevi. Sono già passati oltre tre mesi e ancora non si è visto alcun progresso, ma la faccenda è sul tavolo e, si spera, che la soluzione in preparazione permetterà di usare la versione 4 di Analytics “out of the box”. In alternativa, si può installare in locale una soluzione di analytics e una suite di web marketing, pagando lo scotto di dover ripensare da zero tutte le procedure. In ogni caso, il Garante italiano ha concesso 90 giorni di moratoria per adeguare i sistemi: un tempo che si spera sufficiente per l’arrivo dei nuovi accordi tra USA ed Europa.
Ma non è finita qui.
Come dicevamo, i temi di giugno di cui volevamo parlare sono due e il secondo riguarda l’entrata in vigore delle sanzioni per il mancato adeguamento dei siti Web e delle app mobili alle norme che regolano l’accessibilità dei contenuti.
A questo proposito, qualcuno potrebbe ricordare la “legge Stanca”, entrata in vigore nel 2005 e tutt’ora valida, che prevede l’obbligo per la pubblica amministrazione di acquistare solo siti che prevedano contenuti accessibili anche a chi ha disabilità visive, uditive o di qualsiasi altro tipo. In caso il sito non fosse accessibile, il contratto di fornitura si dovrebbe ritenere nullo. A questa legge, poco applicata finora, si aggiunge il fatto che dal 3 di maggio di quest’anno è stata recepita la normativa europea detta Intenet Accessibility Act che regola lo stesso ambito e lo estende alle aziende private che fatturano più di 500 milioni euro l’anno. Chi produce siti web e app, quindi, deve accertarsi di fornire prodotti finiti che siano in linea con i dettami dell’accessibilità ai contenuti per evitare contenziosi con i clienti. Clienti che rischiano multe che possono arrivare fino al 5% del loro fatturato aziendale annuo.
E poi si torna alla “maledizione di giugno”. La normativa europea, infatti, prevede che dal 28 giugno 2025 non si potranno più vendere siti e app che non siano “accessibili” a prescindere dalle dimensioni del cliente. Per quest’ultima scadenza c’è ancora un po’ di tempo, ma considerato che gli esperti di accessibilità sono davvero pochi sul mercato, sarà il caso di non aspettare l’ultimo minuto per mettere in regola tutti i nostri prodotti.
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