Siamo nel 2022, la trasformazione digitale sta investendo tutte le aziende del mondo e piano piano si inizia a capire che, in realtà, l’adozione del cloud è solo il primo step per digitalizzare davvero il business raccogliendone tutti i vantaggi. Ma c’è un tema importante che deve essere risolto e che attraversando in maniera orizzontale questa rivoluzione tecnologica: il cloud deve essere un abilitatore di nuovi business e non una fonte di preoccupazione per chi deve scegliere quale infrastruttura scegliere.
La stragrande maggioranza delle aziende punta con decisione sul multi Cloud ovvero sulla necessità di usare di solito due (raramente di più) fornitori di servizi per costruire la propria infrastruttura su cui appoggiare il castello di app, risorse, funzioni e processi aziendali che rende tutto più snello e veloce. Questo succede per due motivi: l’offerta dei fornitori di servizi cloud è tutto fuorché standard e questo significa che non riesci a trovare tutte le tecnologie migliori in un solo fornitore; le aziende non vogliono legarsi troppo strettamente a un fornitore, ma sentirsi libere di spostare carichi di lavoro da una parte all’altra in caso di necessità.
Questo crea uno spiraglio nelle logiche aziendali che può tradursi in un vantaggio competitivo per chi fornisce soluzioni: per spostare le risorse con semplicità, le aziende hanno bisogno di applicazioni cloud che possano girare indipendentemente da chi fornisce la piattaforma e i servizi. Se io ho un sistema di posta che gira sotto Azure e non sotto AWS, passerò buona parte delle mie notti a preoccuparmi del fatto che non posso rescindere il contratto con Azure senza dover affrontare delle transizioni costose in termini di tempo e denaro. Se invece ho un sistema di posta, di messaggistica, di file serving e così via che gira su qualsiasi sistema Cloud, saresti felice della tua indipendenza, guarderesti con più serenità il futuro e, soprattutto, resteresti grato per sempre a chi ti ha portato in questa condizione idilliaca.
Stiamo parlando di utopie? No. Moltissime aziende stanno sposando il paradigma del “indipendente dal Cloud” e preparano i propri prodotti per essere in grado di girare sotto qualsiasi provider, hypervisor e infrastruttura. Una manna per i clienti finali, certo, ma anche per i fornitori di servizi IT che possono così semplificare le catene di supporto, manutenzione e assistenza grazie a un numero di procedure standard molto più elevato e che possono anche mantenere un livello più elevato di competizione tra i propri fornitori per avere condizioni contrattuali migliori.
Gli analisti hanno già largamente lodato questo nuovo approccio, ma alcuni di loro hanno anche messo in evidenza un possibile scenario che verrà a crearsi nei prossimi anni: la lotta per accaparrarsi le fette di mercato in uno scenario molto dinamico come quello della trasformazione digitale diventeranno sempre più serrate, ma in virtù di questa necessità di “cloud libero”, potrebbero avvantaggiarsi quelle aziende che oltre a fornire servizi cloud hanno anche una forte impronta nel campo delle applicazioni (se state pensando ad Azure e Oracle, sappiate che non siete i soli) perché per fornire una piattaforma cloud davvero indipendente, serve un lavoro di ottimizzazione e compliance con gli standard software che le aziende che sviluppano applicativi hanno già da tempo, funzionanti in maniera più efficace rispetto a chi offre per lo più “ferro puro”.
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